Coronavirus. Scoperte “zone” del virus utili per vaccini

Nel genoma del ‘nuovo coronavirus’ ci sono regioni meno propense alla mutazione, che potrebbero rappresentare un buon target per lo sviluppo di antivirali e vaccini. Lo rivela uno studio su Sars-CoV-2 dell’Irccs Medea, in collaborazione con l’Universita’ degli Studi di Milano, appena pubblicato sul Journal of Virology. Come fanno sapere i ricercatori Rachele Cagliani, Diego […]

Nel genoma del ‘nuovo coronavirus’ ci sono regioni meno propense alla mutazione, che potrebbero rappresentare un buon target per lo sviluppo di antivirali e vaccini. Lo rivela uno studio su Sars-CoV-2 dell’Irccs Medea, in collaborazione con l’Universita’ degli Studi di Milano, appena pubblicato sul Journal of Virology. Come fanno sapere i ricercatori Rachele Cagliani, Diego Forni e Manuela Sironi del laboratorio di biologia computazionale dell’istituto scientifico Eugenio Medea di Lecco, che hanno collaborato con Mario Clerici dell’Universita’ degli Studi di Milano e la Fondazione Don Gnocchi, le infezioni da coronavirus hanno solitamente un’origine animale. L’analisi del genoma virale e’ quindi fondamentale per aiutare a comprendere le origini e la rapida espansione di Covid-19. In particolare, lo studio dell’evoluzione del genoma di Sars-CoV-2 puo’ mettere in luce caratteristiche genetiche che hanno permesso a questo virus di compiere il salto di specie e di infettare l’uomo, oltre a fornire importanti indicazioni per eventuali target terapeutici. Il salto di specie da pipistrelli all’uomo e’ infatti a detta degli esperti un fenomeno non raro tra i coronavirus, infatti nel 2003 i pipistrelli furono indicati come i serbatoi del coronavirus della Sars (SARS-CoV) e, nel 2012, del virus della Mers (MERS-CoV). L’indagine si e’ quindi concentrata sull’evoluzione del genoma di SARS-CoV-2 comparandolo con quello del virus piu’ simile fino ad ora identificato, un virus che infetta i pipistrelli della specie Rhinolophus affinis e che ha una identita’ di sequenza del 96% con il virus umano di COVID-19, dimostrando come la selezione naturale ha favorito l’insorgenza di cambiamenti in tre proteine di SARS-CoV-2 rispetto alle proteine presenti nel virus del pipistrello. “La limitata pressione selettiva diretta verso SARS-CoV-2” fa dunque supporre che il progenitore comune di questo virus e di quello del pipistrello fosse gia’ dotato delle caratteristiche necessarie e sufficienti per infettare la nostra specie. “Abbiamo analizzato i geni dei ceppi disponibili di SARS-CoV-2 e li abbiamo confrontati con i geni corrispondenti nel virus del pipistrello”, spiegano i ricercatori: “volevamo capire come la selezione naturale abbia modellato il genoma del nuovo coronavirus umano”. In sintesi, i risultati ottenuti hanno evidenziato che regioni diverse del genoma virale evolvono con una diversa velocita’, in altre parole ci sono regioni genomiche che non tollerano (o tollerano poco) l’inserimento di mutazioni che possano portare ad un cambiamento nella sequenza proteica. Queste regioni rappresentano un buon target per lo sviluppo di antivirali e vaccini, appunto perche’ meno propense ad essere soggette a cambiamenti. Tuttavia la mancanza d’informazioni riguardo l’ospite intermedio che si colloca tra il virus umano e quello del pipistrello e “la poca conoscenza sia della catena di eventi che ha portato alla diffusione del virus nell’uomo sia del ruolo di alcune specifiche mutazioni nelle proteine virali”, rendono questi risultati “preliminari e necessari di integrazione con dati epidemiologici e biochimici”.

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