GB. Elisabetta II , i dettagli dell’operazione London Bridge

“Operazione London Bridge”: si chiama così il piano messo a punto nei primi anni Sessanta dalle autorità del Regno Unito in caso di decesso della regina, quando all’epoca il Paese era già guidato da Elisabetta II che non aveva raggiunto neanche i 40 anni. Dopo l’annuncio di Buckingham Palace secondo cui la salute della sovrana […]

“Operazione London Bridge”: si chiama così il piano messo a punto nei primi anni Sessanta dalle autorità del Regno Unito in caso di decesso della regina, quando all’epoca il Paese era già guidato da Elisabetta II che non aveva raggiunto neanche i 40 anni. Dopo l’annuncio di Buckingham Palace secondo cui la salute della sovrana desta preoccupazione al punto che figli e nipoti l’hanno già raggiunta nella sua residenza di Balmoral, in Scozia, la stampa anglofona rilancia il tema, aggiungendo che il protocollo è stato rivisto e arricchito lo scorso anno, probabilmente in concomitanza con la dipartita del principe consorte di Sua maestà, Filippo di Edimburgo. La testata britannica The Independent chiarisce che con la morte di un capo dello Stato, “la preparazione” deve essere “pianificata attentamente e in anticipo”, in particolare “per quanto riguarda la comunicazione della notizia ai principali personaggi pubblici e alla cittadinanza”. Stando a un articolo pubblicato dalla testata Politico lo scorso anno, dopo aver visionato il piano “London Bridge” tenuto fino ad allora segreto, la macchina deve tenere conto anche della sicurezza “con una capillare operazione per gestire folle senza precedenti e possibile caos nei viaggi”. La testata riporta che il protocollo ha inizio nel momento in cui il segretario particolare della regina contatta telefonicamente il o la primo ministro e scandisce la frase “London Bridge is down”, ossia “il Ponte di Londra è crollato”. A quel punto segue un breve comunicato dell’agenzia Press Association ed entro dieci minuti la bandiera della residenza del premier a Downing street dovrà essere messa a mezz’asta. Un punto che, all’epoca in cui venne presa questa decisione, creò allarme nello staff del palazzo perché non era previsto un funzionario incaricato della gestione della Union Jack.

Dal momento in cui entra in funzione il protocollo scatta anche il D-Day, che permetterà di riferirsi ai giorni successivi definendoli “D-Day 1”, “D-Day 2” e così via, fino al momento delle esequie, che dovranno svolgersi entro dieci giorni dall’annuncio del decesso della Regina. Anche alla famiglia reale viene richiesto di esprimersi a tempo debito, seguendo la dicitura “Siamo appena stati informati della morte di Sua maestà la regina” mentre ai ministri e alle altre cariche dello Stato viene richiesta “discrezione”. I profili social della corona nonché quelli istituzionali e di governo vengono dunque sospesi mentre i siti web adottano un banner di colore nero. Tra le cariche di Stato, la neopremier Liz Truss dovrà essere la prima e unica a parlare, e solo una volta tenuto il suo discorso la speaker della Camera e gli altri ministri potranno rilasciare dichiarazioni pubbliche. Al ministro della Difesa viene affidato l’incarico di organizzare il saluto d’armi al termine del quale è previsto il minuto di silenzio nazionale. Il “D-Day” termina con l’appuntamento delle 18: la prima ministra si recherà invece in udienza con l’erede al trono Carlo, l’attuale principe di Galles. Il giorno seguente – ossia il “D-Day 1” – alle ore 10 si riunisce l’Accession Council al Palazzo di St. James, incaricato di proclamare re Carlo, la cui incoronazione avverrà però settimane dopo. A seguire, il Parlamento si riunirà per emanare un messaggio di cordoglio e da quel momento dovrà sospendere le sue attività per i successivi dieci giorni. Carlo riceverà anche un bastone che simbolegga i poteri e le prerogative regali, e mentre lo prenderà dovrà scandire la frase: “La regina è morta, vive il re”.

Le spoglie di Elisabetta II faranno ritorno a Buckingham Palace nel “D-Day 2” mentre Carlo nel “D-Day 3” riceverà le condoglianze ufficiali da Westminster e quelle dell’Irlanda del Nord nel “D-Day 4”, recandosi di persona la castello di Hillsborough e prendendo poi parte a una funzione nella cattedrale di Sant’Anna a Belfast. Nel lasso di tempo che separa il ritorno a Londra delle spoglie e la funzione funebre nella chiesa di Westminster, nel “D-Day 10”, il ministero degli Esteri dovrà occuparsi dell’arrivo nel Paese dei leader e delle personalità pubbliche mondiali. Il ministero dell’Interno invece dovrà gestire la macchina della sicurezza mentre a quello de Trasporti toccherà la questione dell’afflusso di un numero presumibilmente molto elevato di visitatori nella capitale britannica. Infine, il servizio funebre si terrà nella Cappella di San Giorgio presso il Castello di Windsor. La sovrana, che ha già guidato il Paese per quasi sette decenni, sarà sepolta nella Cappella commemorativa di re Giorgio VI nel castello.

Photo: NurPhoto.com

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