Sociale. I detenuti al lavoro nei cantieri del Sisma

Le persone detenute in dieci province delle regioni Abruzzo, Lazio, Molise, Marche e Umbria avrannol’occasione di lavorare nei cantieri di oltre 5.000 opere di ricostruzione pubblica e in quelli di 2.500chiese danneggiate dal terremoto 2016.Lo stabilisce il Protocollo d’intesa siglato oggi, nella sede del Ministero della Giustizia, tra ilCommissario Straordinario alla Ricostruzione, Giovanni Legnini; la […]

Le persone detenute in dieci province delle regioni Abruzzo, Lazio, Molise, Marche e Umbria avranno
l’occasione di lavorare nei cantieri di oltre 5.000 opere di ricostruzione pubblica e in quelli di 2.500
chiese danneggiate dal terremoto 2016.
Lo stabilisce il Protocollo d’intesa siglato oggi, nella sede del Ministero della Giustizia, tra il
Commissario Straordinario alla Ricostruzione, Giovanni Legnini; la Ministra della Giustizia, Marta
Cartabia, il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Matteo Maria Zuppi, il Presidente
del Consiglio nazionale dell’Anci, Enzo Bianco, e il Vicepresidente Ance con delega per la ricostruzione
del Centro Italia Piero Petrucco. Era presente anche il capo del Dipartimento dell’Amministrazione
penitenziaria, Carlo Renoldi.

L’obiettivo del Protocollo, è quello di aumentare le opportunità di lavoro, strumento indispensabile per
il pieno reinserimento sociale, di chi sta scontando una pena detentiva in 35 istituti del Centro Italia. Il
numero dei detenuti coinvolti dipenderà dal programma dei lavori e dai cantieri individuati. Le modalità
di inserimento lavorativo verranno definite in base ai profili dei singoli detenuti e alle esigenze delle
aziende.

Al Commissario Straordinario spetterà la funzione di raccordo delle attività, mentre il Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria individuerà gli idonei e favorirà il loro inserimento in cantieri vicini
alle strutture detentive, in accordo con la Magistratura di sorveglianza. La Cei promuoverà, presso le
imprese impegnate nella ricostruzione degli edifici di culto, l’utilizzo di manodopera da parte dei
detenuti valutati idonei. Ance diffonderà alle proprie strutture territoriali e, per il loro tramite, anche agli
enti bilaterali del sistema, i contenuti del Protocollo; allo stesso modo, anche Anci nei Comuni che
ospitano strutture penitenziarie. Con il Protocollo viene definito anche un Comitato paritetico di
gestione, composto dai rappresentanti dei firmatari, che sarà istituto entro 15 giorni, con il compito di
promuovere e monitorare le attività previste dal documento e di coordinare le azioni degli enti e dei
soggetti che hanno aderito.

Ministra Marta Cartabia: “Ricostruire gli edifici, per ricostruire anche le proprie vite e sentirsi parte
della comunità: ha un fortissimo significato simbolico il protocollo che permetterà ad alcune persone di
uscire dal carcere, per lavorare nei cantieri dei paesi feriti dai terremoti. Attraverso il lavoro, il tempo
della detenzione si orienta verso all’obiettivo costituzionale della rieducazione e del reinserimento
sociale. Il lavoro in carcere è stata una delle mie priorità in questo anno e mezzo al Ministero. E sono
particolarmente felice di questa firma, a conclusione del mio mandato, perché progetti come questo o
come l’accordo siglato con il ministro Colao con le aziende di telecomunicazione per la posa della fibra
permettono di guardare al carcere anche come una risorsa per l’intera collettività.”.

Giovanni Legnini: “L’accordo concluso oggi è densò di significati. Consentire ai detenuti che ne hanno
titolo, sulla base delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario , di lavorare nei cantieri pubblici e di
ricostruzione delle Chiese nell’enorme cratere del centro Italia (con un numero di oltre 5.000 opere
pubbliche e di 2.500 Chiese finanziate e da finanziare) rappresenta una bella opportunità per inverare il
principio della funzione rieducativa della pena e per le Imprese di formare ed utilizzare personale
motivato a dare un contributo a tale importante finalità pubblica . Ringrazio il Ministro Cartabia per la
grande e nota sensibilità sul tema, il Capo del DAP e i Presidenti della CEI, dell’Ance e dell’ANCI per
la loro adesione al protocollo. Adesso si tratterà di attuarlo con la stessa dedizione e sensibilità dimostrati
nella definizione dell’accordo”.

Cardinale Zuppi: “Il Protocollo rappresenta un passo importante sulla strada della responsabilità
comune. Se vogliamo che il carcere non sia solo punitivo, ma soprattutto redentivo dobbiamo smettere
di pensarlo come una realtà isolata, a sé stante, emarginata. Dare ai detenuti la possibilità di lavorare è
un modo per farli sentire parte della comunità, per dare loro una prospettiva di futuro e un’alternativa
valida per non tornare a delinquere una volta scontata la pena. Il fatto che siano impegnati in cantieri per
la ricostruzione, pubblica e religiosa, è poi un segno di speranza e un incoraggiamento a costruire insieme il nostro domani”.

Enzo Bianco: “Questo protocollo rafforza la collaborazione avviata dieci anni fa con il Ministero della
Giustizia sul tema dei lavori di pubblica utilità nei Comuni: abbiamo dato vita ad un programma
sperimentale per attività lavorative extramurarie dei detenuti attraverso progetti concreti a favore delle
comunità locali.
Oggi vogliamo sottolineare una volta di più l’importanza che il lavoro ricopre in ogni percorso
riabilitativo, insieme a tutti i soggetti firmatari dell’intesa. È un’opportunità significativa per i detenuti
di impegnarsi concretamente nei territori così duramente colpiti dagli eventi sismici del 2016. È una
duplice ricostruzione: della vita dei detenuti su un percorso di riabilitazione e di quei territori, in favore
delle comunità locali. Gli amministratori locali sanno bene infatti che il carcere dev’essere un luogo
dove scontare la pena, ma anche una occasione di recupero e reinserimento nella nostra società”.

Il Vicepresidente Ance Petrucco: “Questo Protocollo rappresenta anche un’opportunità per le imprese
di formare e occupare nuova manodopera in opere importanti per la rinascita di un territorio ferito dal
terremoto. Si tratta di un impegno che può garantire risvolti positivi sia dal punto di vista sociale che
economico, in linea con gli obiettivi che Ance vuole perseguire”.

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