Sociale. Nasce l’alleanza contro l’afrofobia e il razzismo

Ai cittadini italiani serve maggiore consapevolezza. Consapevolezza dell’”afrofobia” contenuta nello sguardo che riduce o categorizza l’altro, e consapevolezza degli automatismi del linguaggio, quelli che portano a dare del “tu” persino a un deputato del Parlamento, solo perchè nero. E’ questo l’appello che lancia un incontro pubblico organizzato a Roma dal progetto Champions of Human rights […]

Ai cittadini italiani serve maggiore consapevolezza. Consapevolezza dell'”afrofobia” contenuta nello sguardo che riduce o categorizza l’altro, e consapevolezza degli automatismi del linguaggio, quelli che portano a dare del “tu” persino a un deputato del Parlamento, solo perchè nero. E’ questo l’appello che lancia un incontro pubblico organizzato a Roma dal progetto Champions of Human rights And community Model countering afro-Phobia and Stereotype (Champs), un’iniziativa finanziata dall’Unione Europea che vuole “contribuire ad analizzare e decostruire, in Italia, gli atteggiamenti e i linguaggi discriminatori nei confronti delle persone di provenienza africana, grazie al ruolo attivo delle associazioni di afrodiscendenti e a una più diffusa conoscenza e consapevolezza delle dinamiche sistemiche che li generano”. Obiettivi della giornata, ‘Get Under My Skin! Per un’alleanza contro l’afrofobia’ e organizzata presso Spazio Europa, è stato fare il punto sui concetti di afrofobia e razzismo, anche tramite la pubblicazione dell’indagine dal titolo ‘Lo sguardo tagliente’, e creare alleanze, da inquadrare nel contesto del documento di posizionamento Verso un manifesto, aperto alle adesioni di tutte le organizzazioni che intendano impegnarsi nel contrasto al razzismo. Mehret Tewolde, una delle promotrici di Champs, apre i lavori introduce esortando tutti a “impegnarsi per produrre consapevolezza in ogni occasione”, partendo da quella sugli automatismi del linguaggio, “come il ‘tu’ che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha impiegato per rivolgersi al deputato Aboubakar Soumahoro in Parlamento”, o le domande e osservazioni apparentemente innocue, “quei ‘di dove sei?’ o ‘come parli bene l’italiano’ che viene chiesto a tutti gli afrodiscendenti sistematicamente” che pongono l’altro “in una condizione di inferiorità”. Incalza la platea anche Ada Ugo Abara, presidente di Arising Africans e fondatrice e amministratrice delegata di D-Tech 4 Good. “Non basta dirsi generalmente anti-razzisti o di sinistra per combattere le discriminazioni e l’afrofobia”, scandisce Abara. “Bisogna impegnarsi e studiare per destrutturare le narrazioni marginalizzanti, mettere in discussione tutto quello che si è imparato in una società intrisa di razzismo”.

L’obiettivo, in definitiva, è “creare alleanza per sconfiggere quella che è un vera e propria piaga, un problema che gli afrodiscendenti non abbatteranno da soli così come non ci riusciranno gli italiani”. Un desiderio di creare rete che si sostanzia nel partenariato di realtà che hanno partecipato a organizzare l’incontro e che sostengono Champs, che vede capofila Amref Health Africa Onlus Italia con Csvnet, Divercity, Le Réseau, Osservatorio di Pavia – di cui due ricercatori, Paola Barretta e Giuseppe Milazzo, hanno curato il report che è stato presentato -, Razzismo brutta storia in collaborazione con Arising Africans, Csv Marche e Carta di Roma. Del progetto Champs fanno parte anche gli , Afar, quei giovani che “nel contesto dell’iniziativa sono stati formati per contrastare il razzimsmo sistemico”, come riferisce all’agenzia Dire a margine dell’incontro Benedicta Djubah, che è una delle esponenti dell’organizzazione ed è attiva su Roma. “In Italia spesso la parola razzismo non si usa e invece serve definirla per poterla contrastare. E’ un percorso utile per noi ma anche per i nostri alleati”.

Una prospettiva politica e africana è quella di Filomeno Lopez, scrittore e giornalista originario della Guinea Bissau. “Il razzismo continerà fino a che le istituzioni africane, Unione Africana compresa, non saranno in grado di difendere la nostra diaspora nel mondo”, afferma l’autore. “E’ dal 2004 che facciamo pressioni in questo senso: l’identità africana è naturalmente diasporica, finché non uniremo le due sponde della nostra comunità non si farà nulla”. Elizabeth Ntonjira, communications director di Amref Global, residente a Nairobi, prosegue il ragionamento sull’Africa e mette in guardia da “stereotipi legati solo ai problemi, come le guerre e i disastri naturali” e invita quindi a “insistere sulla necessità di piattaforme di comunicazione che permettano di parlare della grande cultura e delle grandi innovazioni che si producono in Africa”. “Informare i cittadini europei e americani”, conclude, “è un passaggio chiave”. Insistere sulla dimensione europea del problema è un altro elemento imporante. Michaela Moua, coordinatrice della Commissione europea per la Lotta al razzismo, una funzione introdotta per la prima volta nel 2020, lancia un appello in video-collegamento: “L’anno scorso abbiamo formato un forum permanente di organizzazioni della società civile. Esorto le realtà presenti a Roma a candidarsi per poter dare il loro contributo”.

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