Alle 00.58 ora locale (20.28 in Italia) tra il 2 e il 3 novembre un terremoto di magnitudo 6.3 ha scosso il nord dell’Afghanistan, con epicentro a circa 35 chilometri da Khulm, nei pressi di Mazar-e-Sharif, nella provincia di Balkh. Secondo lo United States Geological Survey (USGS), la scossa si è verificata a una profondità di circa 10 chilometri ed è stata avvertita anche nella capitale Kabul.
Le autorità locali comunicano un bilancio provvisorio di oltre 20 vittime e circa 320 feriti. Sharafat Zaman Amarkhail, portavoce del ministero della Salute del governo talebano, ha dichiarato che “è stata data istruzione a tutti gli ospedali di essere pienamente preparati a fornire i servizi necessari” e ha avvertito che il numero dei decessi e dei feriti potrebbe aumentare.
L’evento sismico ha causato interruzioni nella fornitura di energia elettrica in diverse aree del paese. Inoltre, è stata segnalata la comparsa di danni strutturali alla Moschea Blu di Mazar-e-Sharif, uno dei luoghi di culto più venerati dell’Afghanistan. Secondo il portavoce provinciale Haji Zaid, la moschea – costruita nel XV secolo e ritenuta sepoltura del cugino e del genero del profeta Maometto – ha riportato danni durante la scossa.
La regione settentrionale dell’Afghanistan si trova lungo la catena montuosa dell’Hindu Kush, dove l’incontro tra la placca euroasiatica e quella indiana rende frequenti gli eventi sismici. Dal 1900, l’area nord-orientale del Paese ha registrato 12 terremoti di magnitudo superiore a 7, come ricorda Brian Baptie, sismologo del British Geological Survey.
Nel recente passato altri forti terremoti hanno colpito l’Afghanistan: il 31 agosto 2025 una scossa di magnitudo 6 nella parte orientale, al confine con il Pakistan, provocò oltre 2.200 vittime; il 7 ottobre 2023 un sisma di magnitudo 6.3 e successive scosse di assestamento causarono almeno 4.000 morti, secondo i dati ufficiali del governo talebano.