Caso Englaro: archiviata la posizione del padre ed altro sul biotestamento

Si chiude con un decreto di archiviazione l’iter che ha visto il padre di Eluana Englaro, Beppino, e l’équipe sanitaria composta da 13 persone (l’anestesista Amato De Monte e altri 12 operatori) indagate per l’ipotesi di reato di omicidio volontario dopo la morte della donna, avvenuta a Udine il 9 febbraio 2009 presso l’Azienda pubblica […]

Si chiude con un decreto di archiviazione l’iter che ha visto il padre di Eluana Englaro, Beppino, e l’équipe sanitaria composta da 13 persone (l’anestesista Amato De Monte e altri 12 operatori) indagate per l’ipotesi di reato di omicidio volontario dopo la morte della donna, avvenuta a Udine il 9 febbraio 2009 presso l’Azienda pubblica di servizi alla persona La Quiete, dopo 17 anni di coma vegetativo. Come è noto, l’équipe aveva applicato il protocollo stabilito dalla Corte d’Appello di Milano, sospendendo alimentazione e idratazione artificiali alla giovane. Il decreto è stato emesso dal gip del Tribunale di Udine, Paolo Milocco, su istanza di archiviazione presentata dalla Procura di Udine il 26 novembre 2009. A chiedere precedentemente l’archiviazione del fascicolo era stato l’avvocato di Englaro e dell’équipe, Giuseppe Campeis, a seguito di una serie di perizie, l’ultima delle quali, eseguita sull’encefalo e depositata il 16 novembre scorso, aveva stabilito l’irreversibilità del coma vegetativo nel quale versava Eluana Englaro. L’inchiesta era stata aperta dalla Procura di Udine dopo la morte di Eluana Englaro, avvenuta il 9 febbraio scorso nella clinica la Quiete di Udine, dopo 17 anni di stato vegetativo persistente e dopo l’interruzione della nutrizione e dell’idratazione secondo il protocollo definito sulla base del decreto della Corte d’Appello di Milano. Nei riguardi di Beppino Englaro era stato ipotizzato il reato di omicidio volontario e per altre 13 persone quello di concorso in omicidio volontario aggravato. La Procura della Repubblica aveva chiesto l’archiviazione dopo il deposito, il 16 novembre scorso, di una perizia sull’encefalo di Eluana Englaro eseguita dai neurologi Fabrizio Tagliavini di Milano e Raffaele De Caro di Padova, in cui si spiegava che la situazione del cervello di Eluana “era coerente con lo stato vegetativo persistente” in cui la donna si trovava dopo l’incidente automobilistico avuto nel 1992 e che “i danni neuropatologici osservati erano anatomicamente irreversibili”. La questione del Testamento Biologico è ancora aperta e scalpore ha suscitato, a settembre, la sentenza del Tar del Lazio in cui è affermato che idratazione e alimentazione non possono essere imposti né al soggetto cosciente né a quello in stato vegetativo. Intanto si apprende che il Comune di Bologna ha intenzione di varare, per fine mese, una legge sul biotestamento, in cui si prevederà la possibilità di depositare la dichiarazione sia da un notaio che direttamente presso il Comune”. In questi giorni un altro caso di morte volontaria, per astensione da accanimento terapeutico, avvenuta lo scorso 28 dicembre, ha riportato l’attenzione del Paese sulla legalizzazione del testamento biologico; la cui approvazione permetterebbe di esprimere il proprio volere, in condizioni di lucidità mentale,  nel caso in cui il futuro dovesse riservare malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie dunque che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione. Renzo Betteti, 62 anni, di Treviso era stato colpito a febbraio dello scorso anno dalla Sla, una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso. L’uomo aveva espresso formalmente, tramite un’intervista rilasciata ad un’emittente locale, la sua volontà di non sottoporsi alla tracheotomia, quell’in­tervento chirurgico che avrebbe costituito l’unica possibilità di tenerlo in vita. Ai microfoni aveva dichiarato: “Non me la sento di finire come una pianta in un vaso di fiori, che viene alimentata, non può parlare, ha gli occhi aper­ti e il cervello che funzio­na, non oso immaginare una vita così”. La stessa volontà era stata rilasciata al medico del suo distretto che, insieme ai familiari ed agli amici, l’ha seguito fino al giorno della morte. “In questo modo il suo desiderio è stato esaudito” dichiara il giorno seguente Stafano, il figlio, sottolineando il fatto che suo padre era stato sempre cosciente nelle volontà espresse e che queste erano volte proprio a tutelare la famiglia rispetto ad eventua­li dubbi su presunte responsa­bilità in capo alla crisi respira­toria che l’ha stroncato. Attualmente, quasi tutto il Governo e la Chiesa, si sono dichiarati contrari all’adozione della pratica del testamento biologico, che andrebbe contro i principi della vita e della morale cristiana. Numerose sono invece le associazioni, che si appellano al diritto dell’autodeterminazione sancito dalla Costituzione italiana, che si fanno carico nel sostenere questa battaglia, che invitano alla compilazione e raccolgono copie del testamento biologico, in attesa di una risposta legislativa positiva che possa garantire il rispetto della volontà di ogni individuo. L’editoriale di Panebianco sul Corriere del 1/10 dal titolo “La zona grigia tra vita e morte” centra bene alcune questioni dell’attuale dibattito sul testamento biologico. La legge sul testamento biologico si inserisce in una contesto sociale italiano ed europeo che sono orientati a un soggettivismo dilagante. E’ vero che siamo “fuori” dalla vicenda Englaro, ma il rischio che un fatto così grave possa riaccadere esiste. Siamo fuori dalla vicenda Englaro, ma siamo in pieno dentro la mentalità che ne ha permesso la morte. La legge in discussione in Parlamento (legge Calabrò), ha il pregio di mantenere una discrezionalità rispetto al lavoro del medico – come si vede nell’aspetto della non vincolatività – e di conseguenza un rispetto del  caso singolo, individuale, “caso per caso”, che consente a chi assiste  di agire in scienza e coscienza nell’interesse del bene del paziente;  d’altra parte sgombra ogni equivoco a riguardo di richieste di eutanasia attiva o passiva che non sono – a detta di entrambi gli schieramenti – l’obiettivo di una legge del nostro Parlamento. Sul complesso argomento l’Ordine dei Medici-Chirurgi e degli Odontoiatri di L’Aquila, dedicherà un seminario, con esperti di valore nazionale, coordinato dal prof. Mauro Bologna, che da tempo si interessa di questo argomento, fortemente voluto dal Presidente prof. Maurizio Ortu e che dovrebbe svolgersi il prossimo mese di Aprile.

Carlo Di Stanislao

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