Da Firenze a Roma e Napoli resta a guardare

Il pm Luca Turco sulla questione della competenza territoriale avanzata il 17 giugno scorso in aula, dai difensori di De Santis, a seguito della sentenza della Cassazione del 10 giugno, che dispone ”la trasmissione degli atti, ovvero li trasmette direttamente” a Roma, ha precisato che, la sentenza “ha stabilito la competenza di Roma relativamente alla […]

Il pm Luca Turco sulla questione della competenza territoriale avanzata il 17 giugno scorso in aula, dai difensori di De Santis, a seguito della sentenza della Cassazione del 10 giugno, che dispone ”la trasmissione degli atti, ovvero li trasmette direttamente” a Roma, ha precisato che, la sentenza “ha stabilito la competenza di Roma relativamente alla libertà personale degli imputati” e chiesto che il processo per il filone fiorentino dell’inchiesta sugli appalti per i grandi eventi resti di competenza della procura del capoluogo toscano.A sollevare la questione della competenza territoriale e’ stato, per primo, l’avvocato Roberto Borgogno, legale di Angelo Balducci: “Sulla competenza territoriale c’e’ una giurisprudenza consolidata -ha detto l’avvocato Borgogno- e’ il tribunale di Roma che si deve esprimere su tutta la vicenda processuale. Una situazione diversa comporterebbe anomalie evidenti: si dovrebbe affrontare la questione delle misure cautelari davanti al Tribunale di Roma e poi il processo a Firenze”. ”Non e’ vero – ha detto Turco giovedì scorso – che con il dispositivo della sentenza la Cassazione ordina, ma dispone la trasmissione degli atti, trasmette direttamente gli atti che in quel momento la Cassazione aveva. Il Pm non ha trasmesso alcun procedimento, lo ha trasmesso la suprema Corte”. Invece il Pm ”ha preso atto che il procedimento trasmesso comprendeva solo atti parziali’, quelli relativi alla fase della custodia cautelare, ”ha fatto una copia integrale del fascicolo e trasmesso una copia degli atti e non ha trasmesso il procedimento”. Questo, ha concluso Turco, ”facendo presente al Procuratore di Roma che pende il giudizio davanti al Tribunale di Firenze”. Il Pm fiorentino ha anche fatto notare che ”il nostro codice non esclude che ci possano essere due processi diversi sulla stessa materia” e in questo caso ”esistono dei rimedi”. Il 18 giugno, comunque, i 40 faldoni della procura toscana sono arrivati a Roma e sono stati affidati al procuratore aggiunto Alberto Caperna, affiancato dai sostituti Ilaria Calò e Roberto Felici. Va detto, per chi teme il trasferimento a Roma ed in un clima più favorevole per gli indagati, che in verità la Cassazione romana aveva scritto che “chi era coinvolto negli appalti per la costruzione della scuola e altre opere si muoveva in una situazione in attuale divenire, caratterizzata dall’utilizzazione spregiudicata di un sistema di relazioni professionali e personali che ha realizzato una rete di interessi intrecciati”; non facendo presagire davvero un atteggiamento più prudente o sommesso. E ancora, dal Palazzaccio, i giudici scrivono che “per perseguire i propri interessi, le persone coinvolte si appoggiavano su un’azione dei pubblici ufficiali che non è quella del funzionario che si attiva per esercitare anche i suoi poteri discrezionali ma solo per perseguire obiettivi legittimi”. Gli indagati, per la Suprema Corte, facevano parte “di un sistema di potere in cui appare normale accettare e sollecitare utilità di ogni genere e natura da parte di imprenditori del settore delle opere pubbliche, settore nel quale quei pubblici ufficiali hanno potere di decisione e notevole potere di influenza, e gli imprenditori hanno aspettative di favori, nel quale de Santis è, con altri, protagonista, De Vito Piscicelli in consolidato rapporto, Cerruti anch’egli in stabile e consolidato rapporto in particolare con De Santis e altri dei co-indagati, disponibile a cogliere l’occasione palesemente anomala”. Infine, i magistrati romani ora hanno tempo fino al 30 giugno per decidere se confermare le misure cautelari disposte dalla procura fiorentina o se lasciare liberi gli indagati, come hanno chiesto i loro legali e, questo, ci pare sacrosanto. Sempre a proposito di questo brutto “affaire”, il Cardinale Crescenzio Sepe, in una conferenza stampa di oggi, ha letto  una lettera dove confuta, punto per punto, gli addebiti che gli vengono fatti dalla procura di Perugia “per la responsabilità che ho avuto in quanto prefetto della Congregazione di Propaganda Fide”. L’arcivescovo di Napoli ha parlato dell’alloggio dato in uso a Guido Bertolaso, della vendita all’ex ministro Lunardi di un palazzetto in via dei Prefetti e poi dei lavori in messa in sicurezza di un lato del palazzo di Propaganda Fide in piazza di Spagna. “Ho fatto tutto avendo i bilanci puntualmente approvati dalla Prefettura per gli affari economici e dalla Segreteria di Stato la quale con una lettera inviatami a conclusione del mio mandato di prefetto volle finanche esprimere apprezzamento e stima per la gestione amministrativa”, ha detto il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, in conferenza stampa, ribadendo che in merito a quanto da lui fatto da prefetto della Congregazione di Propaganda Fide registrò anche la stima da parte della Segreteria di Stato. E mentre Lunardi afferma su Repubblica che è tutto regolare e Buttoglione difende, su Il Corriere”, il Cardinale Sepe (definito  “un sacerdote esemplare che sta facendo un lavoro magnifico a Napoli”); il Giornale, in un editoriale di Feltri, difende il Vaticano, definito “sotto attacco”. Il direttore della testata della famiglia Berlusconi scrive: “i media hanno perso ogni freno e i giornalisti ogni timore reverenziale nei confronti del clero” e continua: “’l’accusa di corruzione al cardinale Sepe è solo l’ultimo di una serie di episodi che fa pensare ad una strategia. Va distinto caso per caso ma il sospetto c’è. Per esempio, Don Gelmini: il processo contro di lui non sta in piedi”. Nell’editoriale, Feltri definisce quest’ultimo caso “paradigmatico” e ne ripercorre le tappe avanzando, infine, l’ipotesi che i suoi accusatori potessero avere un fine diverso: “Non vorremmo che si puntasse a due obiettivi, ottenere risarcimenti e sputtanare chi gli ha dato una mano”. Dello stesso tono un articolo, sempre in prima pagina e sullo stesso quotidiano, firmato da Marcello Venezian,  che inanella il processo a Sepe, quello a Don Gelmini, il processo alla memoria di Pio XII, gli atti d’accusa ai legionari di Cristo e ai preti pedofili e afferma: “magistratura sta pensando di gestire in proprio il giudizio universale”, definendo l’azione dei giudici “una svolta storica se non teologica”. Chissà sa se l’infuocato direttore e l’acuto intellettuale chiamano in causa S. Gennaro e il suo sangue per dire che, a causa di giornalisti e studiosi blasfemi, neanche più la liquefazione miracolosa è creduta e si può ritenere il tutto un fenomeno fisico basato sulla legge della tissotripia. Di certo, da quando è a Napoli il cardinale si è fatto amare e sia in quella di aprile (o maggio) che in quella di settembre, ha svolto a dovere il ruolo di liquefazione del santo martire nella teca. In Vaticano, intanto, come si legge su Repubblica (http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/18/news/bertolaso_sepe-4937889/index.html), l’inchiesta dei giudici di Perugia da un po’ di tempo incomincia a preoccupare non pochi alti prelati. Specialmente da quando nelle indagini – oltre alle vicende legate agli affitti e alle compravendite degli immobili di Propaganda Fide – sono incappati personaggi come Angelo Balducci, gentiluomo di Sua Santità e  monsignor Francesco Camaldo, cerimoniere vaticano. Secondo molti in Vaticano vi è tutta l’intenzione di scaricare il cardinale Sepe. Invece,  dai sacerdoti napoletani la notizia delle accuse a Sepe è accolta con stupore e incredulità, perché lì il cardinale è molto amato, grazie alla sua infaticabile attività pastorale, improntata, dal lugio 2006, ad uno uno stile immediato e “popolare”, come sintetizza la frase in dialetto diventata da quattro anni il suo slogan: “A Maronna v’accumpagna”. Un cardinale che non disdegna di parlare in napoletano, che ha iniziato il suo ministero in diocesi da un quartiere-simbolo come Scampia e che ha inventato iniziative religiose di grande impatto mediatico, dalle aste annuali di beneficenza per progetti sociali al grande falò dei coltelli come segno contro la violenza, fino al pranzo di Natale per i poveri organizzato nei saloni dell’episcopio. Tuttavia ora si fa notare che, nel 2006, il cardinale, allora prefetto di Propaganda Fide, fu allontanato da Benedetto XVI alla scadenza del primo quinquennio: una cosa “inconsueta”, si fa notare, visto che il predecessore era rimasto sedici anni e tutti gli altri prefetti del Novecento erano andati ben oltre il primo mandato, salvo un caso di morte prematura. I beni di Propaganda Fide, un patrimonio immenso (si stimano oltre 9 miliardi di euro) frutto di proprietà e donazioni secolari, sono gestiti in totale autonomia dalla Congregazione e servono a sostenere le terre di missione, Africa e Asia in testa: per questo il prefetto viene definito “Papa rosso” ed è strano che questo “Papa”, nel caso di Sepe, sia stato “retrocesso” ad Arcivescovo di Napoli. Intanto, dopo il colloquio a Perugina con i magistrati, dal suo staff trapela la conferma della disponibilità a collaborare con gli inquirenti: il fatto di essere ora un indagato, e non più un testimone, non cambia la volontà di “chiarire tutto” ai pm, di dimostrare di aver agito “sempre rettamente e secondo coscienza”.

Carlo Di Stanislao

Una risposta a “Da Firenze a Roma e Napoli resta a guardare”

  1. I cattolici
    hanno sempre professato
    l’amore verso il prossimo,
    ma il prossimo è la Chiesa Vaticana,
    che ha commesso
    ogni genere di sopruso e genocidio
    in nome di questo dogma.
    da:
    LA RELIGIONE CHE UCCIDE
    COME LA CHIESA DEVIA IL DESTINO DELL’UMANITÀ
    (Nexus Edizioni), giugno, 2010.
    517 pagine, 130 immagini, € 25
    http://shop.nexusedizioni.it/libri_editi_da_nexus_edizioni_la_religione_che_uccide.html
    http://www.macroedizioni.it/libri/la-religione-che-uccide.php
    http://alessiodibenedetto.jimdo.com/novita-2010/
    http://alessiodibenedetto.blogspot.com/2010/04/fuori-della-chiesa-non-ce-salvezza.html

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