Povere vite da clochard concluse sull’asfalto delle metropoli o nelle stazioni ferroviarie

All’inizio del terzo millennio la nostra società, in continua e rapida trasformazione, ancora non riesce a dare una risposta ai drammi sociali che l’assillano. Parlo di povere vite finite nell’asfalto delle metropoli o nelle stazioni ferroviarie in condizioni antigieniche e disumane paurose. Parlo dei tanti barboni, elegantemente definiti clochard, che sbarcano il misero lunario  tra […]

All’inizio del terzo millennio la nostra società, in continua e rapida trasformazione, ancora non riesce a dare una risposta ai drammi sociali che l’assillano. Parlo di povere vite finite nell’asfalto delle metropoli o nelle stazioni ferroviarie in condizioni antigieniche e disumane paurose. Parlo dei tanti barboni, elegantemente definiti clochard, che sbarcano il misero lunario  tra mille difficoltà  avvolti nei cartoni ed in  povere cose, nella maggior parte abiti usati forniti da qualche cittadino di buon cuore. Tutti dobbiamo convincerci che costoro sono nostri fratelli e non figli di un Dio minore. Purtroppo  nelle grandi metropoli, senza  generosità e senza cuore, a nessuno  interessano  degli ultimi della terra, quei poveri esseri umani dimenticati da tutti.  Tanti clochards  –  che per definizione  sono  persone  senza fissa dimora –  sono morti  a causa delle  rigide temperature invernali che ci siamo appena lasciati alle spalle. Non sono stati sufficienti i vari piani freddo dei diversi Comuni con qualche centinaio di posti letti nelle strutture d’ accoglienza o nelle stazioni delle metropolitane lasciate aperte anche di notte, i cartoni usati per ripararsi, né le bevande calde e le coperte fornite dalla varie associazioni di volontariato. In tanti non ce l’hanno fatta compreso l’uomo trovato morto a Roma, in Via Gaeta dietro piazza Cinquecento, lo scorso mese di marzo, mentre intorno a quel povero corpo senza vita continuavano, imperterriti,  a parcheggiare  i motorini. Come se nessuno vedesse nulla o volesse accorgersi di nulla. Se questo è il grado di umanità e di civiltà della Capitale d’Italia allora dobbiamo guardarci negli occhi e fare un passo indietro,  abbiamo perso il ben dell’intelletto e quella sana dose di  pietà umana che ci distingue dalle bestie.  Senza dubbio incontrare certe realtà per strada pone interrogativi, talvolta pressanti, alle nostre coscienze  e l’abitudine di voltare la testa dall’altra parte può essere la soluzione e la reazione più facile. A scapito ovviamente di nostri fratelli meno fortunati che nella loro vita hanno avuto un destino atroce che li ha  relegati in una ingiusta situazione di solitudine e di povertà. Non da meno è la situazione delle tante persone che in seguito a drammi come la perdita del posto di lavoro ricorrono, cercando di non farsi notare, per estrema dignità, a mangiare alla mensa dei poveri.  Tanti e disperati sono i casi in cui un misero essere umano finisce a trascorrere la sua esistenza sulla strada in condizioni d’ indigenza  e, si sa,  essa uccide prima del tempo a prescindere da quella che è stata la condizione sociale dello sfortunato. Recentemente si è portati  a conoscenza  il  caso   di una bella  donna che –   nata ricca in un quartiere   di Roma, i Parioli, da famiglia benestante in giovane età   girava in Bmw con l’autista – ha finito i suoi giorni a 56 anni a Piazza Augusto Imperatore dietro la chiesa di S. Rocco. Lei, a seguito di una serie di eventi negativi che hanno segnato la sua esistenza ad iniziare dalla morte della madre e da una serie di abbandoni ha cercato di proteggersi scappando, fuggendo, innanzitutto da se stessa e poi dagli altri. Strano gioco del destino, cui nessuno può sfuggire: una persona nata benestante e vissuta nel benessere per tanto tempo morta da povera clochard. La stessa fine sarà probabilmente riservata ai tanti anziani che abbandonati dai figli vivono come un tradimento quel gesto di allontanamento e cercano, secondo gli psicologi,una via di fuga ad una chiusura che genera in loro veri e propri traumi. Ho pensato di scrivere questo articolo per ricordare un gigante della solidarietà, Don Mario Picchi fondatore del Ce.I.S. ( Centro Italiano Solidarietà ) ad un anno della sua scomparsa. La linea guida di questa benefica associazione, oggi come ieri, è una particolare attenzione rivolta alla persona umana nella sua totale integrità volta ad alleviare dolori e sofferenze a soggetti a rischio emarginazione ed esclusione sociale. Seguendo le orme del suo fondatore che il 29 maggio u.s. è stato ricordato  con una  funzione religiosa  nella chiesa di S. Anna al Laterano in  via Merulana, 177  a Roma.  E’, e deve essere a tutti, noto  che la solidarietà, con il suo carico d’amore,  abbatte le barriere dell’odio  e proietta verso un orizzonte di pace e di giustizia partendo dal diverso e dal suo bisogno specifico. Intanto la Provincia di Roma sta procedendo, spedita, alla realizzazione di una casa di accoglienza e mensa per bisognosi in via Nomentana,  che servirà i Comuni di Fontenuova, Fiano Romano, Mentana e  Monterotondo.Questa è una bellissima e limpida dimostrazione  di come  la solidarietà non deve  conoscere  limiti di appartenenza territoriale e non può essere vista con gli occhiali del colore politico.

Nando Giammarini

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