Scandali e vergogne

Ad abbattere il DC9 della Itavia che portava 81 passeggeri da Bologna a Palermo nei cieli di Ustica nel giugno 1980, fu certamente un missile lanciato nel corso di uno scontro aereo. Lo ha stabilito la sentenza n. 1870 depositata ieri dalla Corte di Cassazione, in cui si conferma che il controllo dei radar sui […]

Ad abbattere il DC9 della Itavia che portava 81 passeggeri da Bologna a Palermo nei cieli di Ustica nel giugno 1980, fu certamente un missile lanciato nel corso di uno scontro aereo. Lo ha stabilito la sentenza n. 1870 depositata ieri dalla Corte di Cassazione, in cui si conferma che il controllo dei radar sui cieli italiani non era adeguato, come sancito dalla Corte di Appello di Palermo a fondamento delle prime richieste risarcitorie presentate dai familiari di tre vittime e condanna, respingendo e i ricorsi del Ministero della Difesa e di quello dei Trasporti, lo stato a risarcire i familiari delle vittime dalla strage.
Senza successo i ministeri, difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, hanno per prima cosa tentato di dire che il disastro aereo si era ormai prescritto e poi che non si poteva loro imputare “l’omissione di condotte doverose in difetto di prova circa l’effettivo svolgimento dell’evento”.
La Cassazione ha replicato che “è pacifico l’obbligo delle amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli”, e che “è abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile” accolta dalla Corte di Appello di Palermo nel primo verdetto sui risarcimenti ai familiari delle vittime depositato il 14 giugno 2010.
Ci sono voluti 33 anni ma ora il giudice Rosario Priore, che fece l’istruttoria sulla strage e si convinse della esplosione esterna, dovuta a un missile, può ora dire: “Questa sentenza può rappresentare un punto di partenza per arrivare alla verità storica nel caso di Ustica”.
Si apprende anche, su questa annosa vergogna italiana, che presto una commissione d’indagine europea indagherà, sulle responsabilità nel disastro aereo, per valutare se la condotta della Francia sia stata omertosa ed accertare tutte le responsabilità.
Nel frattempo i nuovi vertici dell’Aeronautica militare italiana hanno deciso di collaborare con i legali dei familiari delle vittime della strage, mettendo a disposizione inediti documenti sull’incidente di Ramstein.
In questo modo e dopo la sentenza di ieri, si aprono nuovi spiragli per rompere il muro di gomma (la frase è stata coniata proprio in occasione della strage) che da oltre 32 anni sembra stritolare la verità sul Douglas Dc9 nominativo I-TIGI, compagnia Itavia, volo IH870, diretto da Bologna a Palermo, che alle ore 21:04 perdeva improvvisamente i contatti con il Centro di Controllo Regionale di Ciampino e precipitava nel Mar Tirreno, mentre volava a oltre 25.000 piedi, rispettando tutte le prescrizioni del controllo del traffico.
Cominciava allora “l’affaire Ustica”: il più grande mistero dell’aviazione civile di tutti i tempi, sul quale il miope circo politico nazionale – perchè i depistatori sono italiani – ha sempre accuratamente evitato di far luce alla ricerca della verità.
Il foro, anzi, i fori di entrata e di uscita dei due missili che hanno colpito il Dc9 sono là, visibili agli occhi di tutti, inoppugnabili più di qualsiasi cosa. Il massacro di Ustica inchioda i vertici del governo italiano di allora (presidente del consiglio era Francesco Cossiga) e quelli delle Forze Armate alle loro pesantissime responsabilità in ordine al depistaggio delle indagini giudiziarie.
Una strage, un mistero, una vergogna di Stato che ancora aspetta, nonostante la sentenza, di essere cancellata e completamente chiarita.
Sin’ora nessuno ha pagato per un massacro costato la vita a 81 innocenti: il primo di una serie di vergognosi misteri italiani, come ad esempio la strage alla stazione ferroviaria di Bologna, la strage di piazza Fontana a Milano nel 1969, la strage di Piazza della Loggia a Brescia, l’attentato al treno Italicus, che attendo ancora una loro esatta ricostruzione.
Ora, dopo la sentenza della Cassazione che, contrariamente al suo solito non si limita al merito procedurale, appare evidente che l’aereo fu abbattuto nel corso di una operazione militare NATO oppure francese, colpito per errore da un missile.
Ricordiamo che il relitto fu recuperato soltanto nel 1989, ad una profondità di 3500 metri e lo scheletro fu ricostruito in un hangar dell’aeroporto di Pratica di Mare fino al 5 giugno 2006, quando venne trasferito e sistemato nel Museo della Memoria di via Saliceto a Bologna, approntato appositamente per accogliere i rottami.
Comunque non è questa l’unica vergogna italiana di questi giorni. Continua ed anzi si infittisce la questione del Monte dei Paschi di Siena e, adesso, la teoria della truffa ai danni degli azionisti appare molto più che un semplice sospetto. Con questa ipotesi di reato che sono finiti sul registro indagati i nomi di Gianluca Baldassarri, fino a marzo direttore centrale e responsabile dell’area Finanza del gruppo, Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps ed ex presidente de l’ABI.
Sul fronte delle indagini ci sarebbero anche 2 verifiche fiscali, una appena iniziata e l’altra conclusa e, secondo quanto si apprende, la prima riguarderebbe la vendita da parte del Monte di Palazzo dei Normanni, a Roma, per 142 mln; la seconda su una plusvalenza di 120 mln scaturita dal rastrellamento da parte di Mps di azioni Unipol. Dal canto suo, Bankitalia ha di nuovo escluso qualsiasi ipotesi di commissariamento della Banca senese.
Intanto, al palazzo di giustizia di Siena, Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, i tre sostituti titolari dell’inchiesta, hanno tenuto già nella prima mattinata di ieri un lunghissimo vertice per concordare la prossime mosse.
In particolare si continua a indagare sugli otto bonifici, per un totale di oltre 17 miliardi, effettuati dal Monte a favore del Banco Santander e delle controllate Abn Maro e Abbey National Treasury Service.
E mentre si attende l’audizione di Grilli di fronte a parlamentari e senatori, i pm vogliono a capire come sia stato possibile che in soli due mesi il prezzo di Antonveneta sia salito dai 6,6 miliardi pagati dal Banco Santander ai 9,3 (più oneri vari che hanno fatto salire il prezzo definitivo a 10,3 miliardi circa) tirati fuori da Mps. Ai quali vanno aggiunti almeno altri 7,9 miliardi di debiti Antonveneta, che l’istituto senese si è accollato. Nel frattempo la Fondazione Mps si muove: per la propria “sopravvivenza” e il suo equilibrio economico e finanziario l’ente fa sapere che non trascurerà la possibilità di procedere alla cessione di un altro pacchetto di partecipazione in Mps con relativa discesa sotto alla soglia del 33,5%.
Alessandro Profumo, attuale presidente di MPS, a chi gli chiedeva, nel corso della p4resentazione di un libro, il suo giudizio circa la proposta di Bersani di assegnare poteri commissariali agli attuali vertici, ha detto: “Penso che la banca non vada commissariata e non sarà commissariata”.
Ma comunque si concluderanno le cose anche questo “affaire” resterà un grande ed aggrovigliato scandalo italiano, con sei consiglieri su 13 della Fondazione, “organici” al Pd e con 4 miliardi di “Monti-bond” emessi dal governo e autorizzati da Bankitalia per “salvare” la banca senese.
C’è grande imbarazzo nel Pd, con colpe evidenti anche da parte di qualche big, come ad Giuliano Amato e Franco Bassanini e, ancora, Massimo D’Alema, che all’epoca della scalata a Bnl fece pressioni su Mps perché si alleasse con Unipol del banchiere “rosso” Giovanni Consorte.
Ultima, imbarazzante vergogna la produce Berlusconi che, nella “Giornata della Memoria”, dice che Mussolini ha anche fatto cose buone, provocando la reazione sdegnata dei giornali di tutta Europa, con la commissaria Ue Cecilia Malmstrom che replica: “è necessario che tutti i leader politici prendano posizione contro” e con Napolitano che corre ai ripari e dice che è necessario continuare a “tenere alta la guardia contro insidie di negazionismo” e, prendendo le distanze dalla parole del leader del Pdl, plaude all’operato dei carabinieri del Ros, che hanno eseguito dieci provvedimenti cautelari, emessi nei confronti di esponenti dell’estrema destra partenopea, ritenuti responsabili tra l’altro di banda armata, detenzione e porto illegale di armi e di materiale esplosivo, lesioni a pubblico ufficiale e attentati incendiari, in relazione agli scontri tra gruppi di destra e di sinistra avvenuti nel capoluogo campano nel 2011, con ampia documentazione di aggressioni nei confronti degli avversari politici e sistematica attività di indottrinamento dei giovani militanti all’odio razziale e all’antisemitismo. Tra gli arrestati anche Emanuela Florino, 26 anni, figlia di un ex senatore prima dell’Msi e poi di An, tra gli esponenti di spicco a Napoli del movimento Casapound e candidata, per la stessa lista, nella prossima tornata elettorale.
Quanto a Berlusconi e alla sua ennesima esternazione fuori luogo, oggi ribadisce che: “quanto affermato su Mussolini non è né una gaffe né un ragionamento elettorale” e punta il dito contro la sinistra: “colpevole di aver imbastito una speculazione politica. Io ho sempre detto con chiarezza e inequivocabilmente che le leggi razziali saranno per sempre un marchio di infamia e ho sempre condannato ogni tipo di dittatura. Non vedo dunque dubbi sulla mia posizione”. Berlusconi ha poi sostenuto di essere l’unico leader italiano “che è stato definito dal primo ministro in carica come l’amico migliore di Israele. Agli italiani di buon senso appare evidente che la polemica è stata gonfiata per la campagna elettorale”.
Ma non la pensa così la stampa estera, dalla BBC al Daily Telegraph, a Le Monde, a le Partisienne a El Pais che esprimono sdegno e il Time Off di Israele che titola: “L’ex premier italiano difende il patto Mussolini-Hitler”.

Carlo Di Stanislao

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