L’Aquila quattro anni dopo: almeno 20 mila persone senza lavoro

Complice la crisi in cui si vive dal 2008, all’Aquila la situazione lavorativa sta per esplodere. Il grande dramma della città, a quattro anni dal sisma, resta infatti il lavoro che manca. A lanciare l’allarme è la Cgil per bocca del suo segretario provinciale, Umberto Trasatti, che tiene la contabilità dell’emergenza. In una recente intervista […]

Complice la crisi in cui si vive dal 2008, all’Aquila la situazione lavorativa sta per esplodere. Il grande dramma della città, a quattro anni dal sisma, resta infatti il lavoro che manca. A lanciare l’allarme è la Cgil per bocca del suo segretario provinciale, Umberto Trasatti, che tiene la contabilità dell’emergenza. In una recente intervista alla neonata testata aquilana NewsTown, ha infatti spiegato che: “La provincia dell’Aquila nel 2008, prima del terremoto e nella fase di avvio della crisi, aveva 850 mila ore di cassa integrazione. Il 2012 si è chiuso con 7 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, con un incremento dell’800% rispetto al presisma”.

E non è tutto: secondo i dati Inps “sempre in provincia dell’Aquila nel 2012 erano 10 mila i lavoratori e le lavoratrici che usufruivano di una qualche forma di ammortizzatore sociale, cioè di un assegno di sostentamento al reddito. Di questi 10 mila, circa 6.500 erano in mobilità o in disoccupazione e quindi praticamente senza lavoro. Ma ancora peggio – ha ancora affermato Trasatti – sta andando nel 2013. Secondo i nuovi dati forniti dal’Inps, riferiti a questo gennaio, nella sola provincia dell’Aquila sono state utilizzate 2 milioni e 171 mila ore di cassa integrazione. Basta un confronto per rendersi conto della drammaticità della situazione: a dicembre del 2012 le ore erano state 843 mila”.
La realtà sociale che si nasconde dietro queste cifre fa tremare i polsi: il segretario provinciale, infatti, ha spiegato che, secondo i calcoli di Cgil, agli oltre 2 milioni di ore di cassa integrazione mensili corrispondono circa 13.500 cassintegrati; se a questi si uniscono i 6.500 lavoratori già in mobilità o in indennità di disoccupazione cui si accennava in precedenza prima “si può dire che almeno 20.000 persone sono senza lavoro”.

E nessuno sembra al riparo: “Non c’è alcun settore – spiega Trasatti – che si salva dalla tendenza. La cassa integrazione nel 2012 è aumentata anche nel comparto dell’edilizia in attesa che la ricostruzione pesante finalmente cominci. Anche in un altro comparto forte in città, come quello farmaceutico, il personale è stato assottigliato. Nella pubblica amministrazione oltre il blocco dei salari, il governo ha imposto il blocco del turn over. Le persone che escono possono essere rimpiazzate solo del 20% incidendo pesantemente sull’occupazione giovanile. In Abruzzo siamo arrivati praticamente al 40% di disoccupazione giovanile, dato leggermente più alto della media nazionale” conclude il segretario.

Va male anche il commercio come hanno fatto capire i commercianti della città ai quali la Comfommercio provinciale ha sottoposto un questionario. Dalla rilevazione risulta che fra gli aspetti più difficili da gestire ci sono l’accesso e l’assistenza al credito, e il controllo dei prezzi degli affitti. A preoccupare i vertici dell’associazione aquilana sono soprattutto le difficoltà di reazione e di re-insediamento delle imprese a seguito del terremoto. Per i commercianti la difficoltà maggiore, oggi, è sostenere affitti troppo spesso esosi e inaccessibili rispetto alle entrate sempre più esigue a causa dei ridotti consumi, oppure, per i commercianti che non sono ancora riusciti a ricollocarsi, trovare locali a prezzi sostenibili. Alle amministrazioni, i commercianti hanno chiesto con il questionario, di impegnarsi per evitare la dispersione delle realtà commerciali in tanti piccoli centri. Per la maggior parte, il sogno è quello di tornare in centro o nelle sedi precedenti al sisma.

E intanto, chi in centro era caparbiamente tornato per riaprire la propria attività, si confronta con grandi difficoltà e si trova costretto a gettare la spugna. È successo ultimamente allo storico Bar Gran Sasso, che aveva riaperto nel luglio 2010 nella sua antica sede lungo l’arteria centrale della città, Corso Vittorio Emanuele. Aperto dal 1955 e passato di padre in figlio, il bar ha abbassato le saracinesche perché, come ha detto amareggiato nel suo ultimo giorno di attività il padrone dell’attività, Mario Maccarone, senza vita nel centro storico “passavo le giornate in attesa che qualcuno passasse per il corso”. Affitto e bollette, però, non aspettano mai. (Elisa Cerasoli-Redattore Sociale)

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