Vecchi problemi e nuovi tentativi

Ci vogliono da cinque a dieci miliardi per far sì che l’abolizione del cuneo fiscale per chi assume diventi una realtà, come anche per investimenti per scuola, cultura e miglioramenti stipendiali. Il rapporto della Commissione Ue vede indietreggiare il Belpaese, unico insieme alla Finlandia in tutta Europa ed invita Roma per accelerare le riforme perché […]

Ci vogliono da cinque a dieci miliardi per far sì che l’abolizione del cuneo fiscale per chi assume diventi una realtà, come anche per investimenti per scuola, cultura e miglioramenti stipendiali. Il rapporto della Commissione Ue vede indietreggiare il Belpaese, unico insieme alla Finlandia in tutta Europa ed invita Roma per accelerare le riforme perché ha ancora peggiorato la produttività ed è stata superata anche dalla Spagna ed anche dalla Grecia, a causa del salario lordo nominale combinato con una scarsa crescita della competitività. La Commissione Ue ha in più sedi sollecitato l’Italia a spostare la riduzione del carico fiscale dalla casa al lavoro e alle imprese, gravate anche dal costo dell’energia, i più alti dell’eurozona assieme con Cipro.
Alla luce di questo scenario, Bruxelles sollecita Roma ad accelerare le riforme necessarie per la competitività industriale e dunque per la creazione di posti di lavoro, ma anche per sveltire la burocrazia, la aumentare la spesa in ricerca e innovazione e risolvere i vistosi problemi di accesso al credito.
Scrive Guido Gentili su Il Sole 24 Ore, che l’incontro tra Governo e sindacati, cui seguirà quello con gli imprenditori, inaugura la rinnovata sfida (dopo il voto di fiducia e il sostegno politico più forte dei “diversamente berlusconiani”) del premier Enrico Letta; sfida che passa per la legge di stabilità (ex legge finanziaria) da trasmettere entro il 15 ottobre al Parlamento e, novità procedurale europea, a Bruxelles, dove la Commissione l’esaminerà e potrà, se del caso, chiedere delle correzioni.
La questione fiscale in chiave pro-crescita è il nocciolo duro del problema. Letta l’ha affrontata in Parlamento, alzando la posta. Non ha fatto numeri, ma ha lanciato l’operazione “meno spese e meno tasse” nel rispetto dei vincoli europei e ha spiegato che con la legge di stabilità il Governo ridurrà il carico fiscale sul costo del lavoro.
Tra gli applausi, ha scandito che ciò vuol dire più soldi in busta paga per il dipendente e più margini di competitività per le imprese con l’obiettivo di riattivare la domanda interna.
E a suggello della svolta ha aggiunto che verranno rafforzati gli incentivi all’assunzione dei lavoratori a tempo indeterminato, previsti sgravi fiscali per le start-up innovative e rafforzati gli incentivi per la patrimonializzazione delle imprese e degli investimenti.
Ma tutto questo contrasta con i numeri perché, al momento, la crescita stimata dal Governo è appena +1% del Pil nel 2014, mentre Fmi, Banca d’Italia, Istat e Confindustria la collocano addirittura allo 0,7% e l’Ocse allo 0,4 per cento.
Secondo il giornale di Confindistria, bisogna passare rapidamente dalle parole ai fatti ed invece che proposte insufficienti e baldanzose fughe in avanti, si dovrà a breve trovare un credibile punto di equilibrio che per cominciare significa coperture finanziarie non illusionistiche, spending review ampia (che fine ha fatto il dossier sulle agevolazioni fiscali, 720 voci per 254 miliardi?) e imposte che vengono ridotte o cancellate senza ricorrere ad altre imposte.
Sembra semplice ma la storia insegna che non lo è affatto. Come non facile, da noi, la lotta alla evasine, sbandierata da tuti i governi, ma mai davvero divenuta vera ed efficace.
Come già il 3 ottobre ha sottolineato alla Camera il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, entro la fine dell’anno occorre trovare risorse per 5 miliardi di euro e tra le misure da varare bisognerà fare delle “scelte”. Il conto è presto fatto. Vanno recuperati i 2,4 miliardi necessari per evitare la seconda rata dell’Imu in scadenza a metà dicembre e che con tutta probabilità troverà soluzione solo dopo il varo del disegno di legge di stabilità. Ci sono poi non meno di 800 milioni di spese inderogabili. Oltre agli 1,6 miliardi per la manovrina e ai 265 milioni per le missioni di pace, il Governo punta a rifinanziare per non meno di 330 milioni la Cassa integrazione in deroga, così come la social card con un ulteriore “cip” di 35 milioni di euro. Sul tavolo ci sono anche già 190 milioni per l’istituzione di un apposito fondo per l’emergenza immigrazione cui se ne aggiungono altri 20 per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati. Il conto si allunga con i 120 milioni cui l’Esecutivo vuole integrare la dotazione del fondo di solidarietà comunale 2013 per assicurare comunque ai Comuni il gettito Imu. Tutti capitoli comunque già definiti dal ministro Saccomanni con l’ex decreto Iva e che da mercoledì potranno trovare posto, con tutta probabilità, nel nuovo decreto sulla “manovrina”.
Fra oggi e mercoledì il consiglio dei Ministri si riunirà per cercare di correggere il rapporto deficit/Pil, avendo l’Italia sforato dello 0,1% il tetto del 3%.
Archiviato l’aumento dell’Iva si riparte dal testo che era in discussione prima che esplodesse la crisi di governo: tagli ai ministeri per 415 milioni e un miliardo che dovrebbe arrivare dalla vendita degli immobili. Non si sa però se questi due provvedimenti saranno approvati subito con un decreto o inseriti nella Legge di Stabilità.
Come già detto ci sono allo studio varie ipotesi per ridurre il peso delle tasse su imprese e lavoratori, con effetti visibili già sulle buste paga del prossimo anno ma, va detto, che il precedente tentativo, fatto dal governo Prodi, ha prodotto effetti che non sono stati percepiti dai beneficiari, a causa della “distribuzione a pioggia”, con una platea che ha avuto accesso alle agevolazioni che è stata troppo estesa e risorse, di conseguenza, andate disperse. Questa volta il presidente del Consiglio si consulterà con i rappresentati dei lavoratori e delle imprese, per trovare una soluzione più mirata per risolvere anche l’ancora sospeso problema degli esodati.
Mentre il governo cerca di uscire dalle difficoltà di riforme richieste ed impellenti con scarsa copertura, il Pdl è nella bufera più assoluta, con Berlusconi che da Arcore si guarda bene dall’assecondare lealisti o colombe e dopo aver atteso con una certa impazienza la nota di Alfano critica con Letta, reo di aver dato consigli in casa altrui, ha centellinato le telefonate arrivate al centralino di villa San Martino stimolate dall’intervista che l’ex ministro Raffaele Fitto al Corriere, perché in questo momento non gradisce dichiarazioni che contribuiscano ad alimentare la tensione ed è per questo che ha chiamato il ras pugliese del Pdl cercando di frenare i toni delle sue dichiarazioni. L’allergia di Berlusconi ai congressi è nota e quindi ha bocciato ieri senza mezzi termini l’idea di una lacerante conta da realizzarsi dentro al Pdl.
Lui sa comunque che persa la sfida anche a palazzo Madama grazie al decisivo posizionamento di Renato Schifani che non a caso ieri si è pubblicamente schierato con Alfano, ora ha bisogno di riportare unità dentro il partito. Ma i lealisti di Fitto non ci stanno e con le colombe di Alfano condividono solo la necessità di emarginare la pattuglia dei falchi (Verdini, Santanchè e Capezzone), ma non “lo schiacciamento del partito sul governo; né tantomeno intendono assecondare i ragionamenti di Enrico Letta sulla nascita di una nuova maggioranza.
Ancora una volta la situazione (stavolta politica) di Berlusconi, condiziona l’intera Nazione, mentre il professor Coppi, il più illustre fra gli avvocati dell’ex premier condannato a titolo definitivo a quattro anni di reclusione (tre dei quali coperti da indulto), per non ridursi al’ultimo momento, ha detto che entro questa settimana depositerà con collegio difensivo l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali per Silvio Berlusconi , non troppo a ridosso della scadenza dei termini, fissati per il 15 ottobre.
Va qui chiarito che, secondo le norme vigenti, se il condannato è in libertà, come nel caso del leader del Pdl, l’istanza per accedere all’affidamento in prova va presentata al pubblico ministero: la decisione è però del tribunale di sorveglianza competente, che decide con ordinanza, dopo aver valutato, sulla base di un’inchiesta del Centro di servizio sociale a cui deve essere affidato, se ricorrono i presupposti necessari e se non c’è pericolo di fuga.

Con l’ordinanza vengono anche fissate le prescrizioni che il condannato dovrà seguire: sul lavoro e sui rapporti con il Centro di Servizio Sociale, innanzitutto, ma anche sulla sua stessa libertà di movimento; obblighi che possono arrivare sino al divieto di frequentare determinati posti o di svolgere attività o avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
Della questione ”affidamento” in prova si occupa Niccolò Ghedini, che si sarebbe rivolto anche a una collega milanese, esperta nell’applicazione delle misure alternative, per essere certo che la domanda senza l’indicazione di una struttura fosse sufficiente e non pregiudizievole rispetto alla decisione del Tribunale di sorveglianza.
Coppi mosse delle riserve perché, anse se in teoria Berlusconi potrebbe non svolgere alcuna attività ma semplicemente trascorrere il tempo con un’assistente sociale che poi garantisca l’avvenuto recupero e il reinserimento nella società, di fatto la misura prevista per detenuti o condannati che abbiano mostrato un ravvedimento e soprattutto che non abbiano altre pendenze giudiziarie; circostanze che l’ex premier non soddisfa, avendo già un’altra condanna, seppur in primo grado, per la vicenda Ruby.
Intanto, in questo clima di inceteza che attanagli non solo il Cavaliere ma l‘Italia, si moltiplicano le strutture che si propongongono per accoglierlo.
In primo luogo a Mario Capanna presidente della Fondazione romana Diritti Genetici, poi Giovanni Savino, presidente della cooperativa sociale Il tappeto di Iqbal, che vorrebbe Berlusconi nella periferia di Napoli, e ancora la Scuola d’arte Borgognone di Lodi, il cui cda ha già deliberato ed è pronto accogliere il Cavaliere per occuparsi di musica e botanica ed anche l’’Aidaa, associazione italiana difesa animali e ambiente, che propone a Berlusconi di occuparsi di cuccioli, senza contare gli inviti arrivati dal sindaco di Cavriglia (Arezzo) e da quello di Abano e da Don Marzi che in una intervista pubblicata da Repubblica.it dice “vorrei lavorare alla sua redenzione. Vorrei essere io a buttarlo giù dal letto la mattina e a invitarlo a rimettere a posto lenzuola. Vorrei che facesse silenziosi e umili lavori manuali, a partire dalla pulizia del bagno. Come faceva quando aveva 15 anni e non aveva tutto il potere a cui si è abituato ora”.

Il fondatore della comunità di recupero per tossicodipendenti Exodus che si è occupato anche dell’affidamento di Lele Mora, da buon cristiano, che la redenzione possa attuarsi attraverso un “bagno di umiltà” e si dice convinto che per Berlusconi l’esigenza principale è “togliersi la crosta dietro la quale si nasconde e grazie alla quale incanta gli italiani, che ancora oggi lo voterebbero”.

Secondo Ratzinger, il più agostiniano degli ultimi sovrani vaticani, “agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio”, come disse nella sua lectio magistralis di Ratisbona. Ma ora, l’argentino umile ed empatico, con l’intervista a Civiltà Cattolica, ci amminisce dicendo che la “misericordia” il sentimento che deve guidarci.
Misericordia è il sentimento generato dalla compassione per la miseria altrui, morale o spirituale”, sicché, alla fine, occorrerà un atto di misericordia nei confronti di un leader che dopo vent’anni ha perso potere, influenza ed anche libertà d’azione.
Vedrete che questo verrà in mente anche al cattolico Letta che, considerandolo finito, farà in modo che il Caimano sia oggetto di un atto di clemenza e sarà questo errore e non i problemi economici e di riforma a far naufragare il suo programma.
D’altra parte come criticarlo, dal momento che è il frutto di un progressismo cattolico che ha dato forma ad una sorta di cristobuddismo in salsa platonica secondo cui l’essere umano è tale fin dal concepimento e lì, nel buio (dell’utero), brilla la luce divina che lo fa “persona umana”, al di sopra di ogni illecito comportamento.

Carlo Di Stanislao

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