In bilico

Il treno in bilico ad Andola è una perfetta metafora di questa Italia che frana e si arresta, che perde in media mille imprese al giorno, che cambia governo a ritmi crescenti ma non esce dalla secche di problemi annosi relativi a crescita, lavoro, infrastrutture, territorio, innovazione, giovani, cultura, turismo e via dicendo. L’unico a […]

criIl treno in bilico ad Andola è una perfetta metafora di questa Italia che frana e si arresta, che perde in media mille imprese al giorno, che cambia governo a ritmi crescenti ma non esce dalla secche di problemi annosi relativi a crescita, lavoro, infrastrutture, territorio, innovazione, giovani, cultura, turismo e via dicendo.
L’unico a credere che tutta sia risolvibile, a partire dal lavoro, è Renzi che ieri si è vista la sua Fiorentina allo stadio con Diego Della Valle ed oggi alle 10,30 è salito al Quirinale per ricevere l’incarico da Napolitano.
Scrivono i giornali che il rottamatore si prenderà almeno altre 48 ore per definire programma e squadra e poi risalire al Colle per sciogliere la riserva, quindi il passaggio alle Camere per la fiducia, ma intanto, serrata, continua la trattativa con Ndc, con il segretario ed ex vicepremier Alfano che attacca diretto Forza Italia, dice che Berlusconi è il responsabile del naufragio del “sogno liberale” e continua a chiedere un programma dettagliato di legislatura, una sorta di patto alla tedesca messo nero su bianco, con quello che andrà fatto e soprattutto con quello che non andrà fatto, a cominciare dal tema delle unioni civili. Si sta ancora insistendo affinché Alfano rinunci al Viminale per restare vicepremier senza deleghe., con Renzi che assicura il Nuovo Centrodestra di non cercare altre maggioranze, ma di volere una coalizione identica a quella che ostenuto l’esecutivo di Enrico Letta.
Alla Borsa Renzi piace ed i risultati si vedono, Non piace invece né alla Lega né a Sel, soprattutto quando intravede un orizzonte lungo che artriva al 2018, ma che pare in contraddizione con una road map accellerrata e già pronunciata che prevede, entro questo mese, già permetà trasciorso, “un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorali da portare all’attenzione del parlamento”, e, subito dopo, nel mese di marzo, “ la riforma del lavoro”, con, in aprile “la riforma della pubblica amministrazione e in maggio quella del fisco”.
Comunque, per il momento, quello che lo preoccupa di più, è la squadra di governo. Il “no, grazie” dell’ad di Luxottica Andrea Guerra lascia l’amaro in bocca a Renzi che punta su personalità vincenti per la sua “rivoluzione radicale”. Sondaggi sui candidati preferiti sono in corso a 360 gradi e in questo sono impegnati sia personalmente Renzi sia i suoi, come Dario Nardella e Graziano Delrio.
Come anticipato ieri da La Stampa, il segretario Pd vorrebbe Romano Prodi al Tesoro, anche per ridare entusiasmo al popolo dem sotto choc per la sfiducia a Enrico Letta. Al Tesoro sono in discesa anche le quotazioni di Lucrezia Reichlin.
All’Economia infatti premier in pectore vorrebbe un politico.
Il rebus totoministri è ancora irrisolto.
L’unico posto sicuro è quello di Graziano Delrio sottosegretario alla presidenza del consiglio. Per via XX settembre si fanno anche i nomi di Piero Fassino e Fabrizio Barca. Partita aperta che per l’Interno, ministero che Angelino Alfano punta a tenersi stretto ma al quale ambirebbe anche Dario Franceschini. In alternativa, dopo il “no, grazie” di Alessandro Baricco, Franceschini potrebbe andare ai Beni Culturali, lasciando il posto di ministro per i Rapporti con il Parlamento ad un fedelissimo del leader Pd, che potrebbe puntare sul portavoce della segreteria Lorenzo Guerini.
Il problema maggiore resta Alfano, perché è ormai palese cheò ’ex delfino di Berlusconi è determinato ad alzare la posta per il suo via libera ed oltre a chiedere la riconferma sua, di Maurizio Lupi e di Beatrice Lorenzin negli stessi ministeri, vuole chiarezza nel perimetro della maggioranza.
Intanto gli italiani si sentono sospesi come il treno in bilico fra Ventimiglia e Andola e non si fidano più della politica come dimostra il calo vorticoso della affluenza al voto in Sardegna con un meno 15% di aventi diritto andati al voto ed una astensione complessiva di quasi uno su due.
A contribuire al calo, oltre alla sfiducia, l’assenza del M5S, con Grillo che ora si preparta a raggiungere S. Remo, il che ha messo in agitazione un po’ tutti e con il deputato del Partito democratico e segretario della Vigilanza sulla Rai, Michele Anzaldi chiede al presidente Roberto Fico “se il leader M5S ha intenzione di rovinare la manifestazione”.
Grillo è libero in queste ore perché ha decisio che il suo partito non parteciperà alle consultazione e sa benissimo che ogni sua uscita, da quel luogo, sarà amplificata a dismisura in occassione del Festival.
Per questo i politici sono preoccupati e Anzaldi ha detto che “la visibilità che il concorso musicale garantisce alla Rai è un bene prezioso, che non può essere messo a rischio dagli intenti propagandistici di Beppe Grillo.
Ed aggiunto: “La Rai deve essere messa in condizione di poter fare il proprio lavoro senza assalti estemporanei, sarebbe gravissimo se il leader del partito che esprime il presidente della commissione di Vigilanza creasse un danno economico all’azienda e mettesse in difficoltà i lavoratori che permettono la realizzazione del Festival”.
Intanto da indiscrezioni trapelate, Grillo pare abbia acquistato un biglietto per l’Ariston e se lo ha fatto non è certo per ascoltare le canzoni.

Carlo Di Stanislao

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