30 luglio 1944, Saint-Nicolas. La Valle d’Aosta ricorda l’attacco nazifascista

Nell’ambito delle iniziative per ricordare la lotta contro il nazifascismo in Valle d’Aosta, la Presidenza della Regione, anche a nome del Comitato per le celebrazioni del 70° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell’Autonomia, ricorda l’attacco nazifascista alla banda Vertosan, a Saint-Nicolas, il 30 luglio 1944, nel corso del quale furono uccisi 13 partigiani e […]

in-guerraNell’ambito delle iniziative per ricordare la lotta contro il nazifascismo in Valle d’Aosta, la Presidenza della Regione, anche a nome del Comitato per le celebrazioni del 70° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell’Autonomia, ricorda l’attacco nazifascista alla banda Vertosan, a Saint-Nicolas, il 30 luglio 1944, nel corso del quale furono uccisi 13 partigiani e 3 civili.

La formazione Vertosan, capitanata da Andrea Pautasso “Bert” e il cui comando si era installato nel villaggio di Cerlogne, era una delle più numerose tra quelle attive nella regione nell’estate del 1944. La banda controllava una vasta area intorno a Saint-Nicolas e faceva frequenti incursioni nel fondo valle contro i presidi dei fascisti e dei nazisti, i quali risposero con un pesante rastrellamento.

Alle 7 del mattino del 30 luglio 1944, un reparto tedesco, coadiuvato dalle forze fasciste, salì da Saint-Pierre verso Saint-Nicolas. Il sistema di minamento predisposto dai partigiani sotto il ponte di Evian non funzionò e i tedeschi poterono passare. Alle 9 giunsero a Fossaz, rastrellarono la frazione e iniziarono a bombardare i villaggi di Cerlogne e di Clavel. Nel frattempo, salì da Avise un’altra colonna nazifascista, nella quale incapparono due uomini della banda – il tenente Leone Bichi (28 anni) e il sottotenente Paolo Minuto (24 anni) – che, mentre cercavano di scappare, furono uccisi.

I partigiani tentarono allora di riorganizzare la difesa nel vallone di Vertosan, ma i tedeschi avanzarono. Il partigiano Aldo Fraioli, di soli 16 anni, e un giovane cecoslovacco che si  era unito ai partigiani valdostani, il ventenne Aldo Dobry, furono massacrati. Il villaggio di Cerlogne fu completamente incendiato.

Dopo un acceso scontro durato l’intera giornata, i partigiani, che avevano tentato di opporre resistenza alle forze preponderanti dei nazifascisti, furono costretti a ritirarsi. Nel corso dei combattimenti e dell’inseguimento, furono uccisi i partigiani: Pierino Chanoux,(20 anni), Leone Frassy (21 anni), Maturino Tiblet (23 anni), Rosito Elso Armand (26 ani), Paolo Giuseppe Fusinaz (22 anni), Alfredo Bal (20 anni), Luigi Désaymonet (23 anni), Giuseppe Vermondi, (17 anni) e Giosefatte Frazza (19 anni).

Oltre a questi, furono uccisi anche tre civili: Oreste Junod (18 anni) ucciso a Vens, Silvano Cerlogne (69 anni) ucciso a Cerlogne e Augusto Thomasset (75 anni), che colpito gravemente a Fossaz morì all’ospedale di Aosta.

Alla popolazione non fu permesso di recuperare i corpi dei caduti, che restarono insepolti per quattro giorni.

Ricordando quella tragica giornata di settant’anni fa, il Presidente Rollandin evidenzia come «la battaglia di Saint-Nicolas è uno dei tanti episodi che testimoniano il grande tributo della comunità valdostana nella lotta di liberazione dal nazifascismo. Molti erano allora i giovani che si aggregavano alle file della Resistenza, per difendere e affrancare i loro paesi, animati dalla speranza di una prossima vittoria.»

«Si era ormai aperto un periodo di guerra “totale” – prosegue Rollandin –  che aveva coinvolto anche la popolazione civile,  costretta a vivere sulla propria pelle il dramma del fronte interno. Al centro di questo episodio, ci sono il sacrificio dei combattenti, con le loro speranze e illusioni, così come il pesante contributo umano della popolazione, che viveva quotidianamente in uno stato di terrore e non solo vedeva cadere i propri cari, ma anche distruggere le proprietà e le fonti del suo già modesto sostentamento.»

E conclude «ricordare questi momenti tragici significa interrogarsi sul significato storico di queste prove e su come mettere, ancora oggi, a frutto l’”eredità” che i caduti ci hanno lasciato.»

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