Il bandolo della matassa

In Afganistan 50 persone alla ricerca di normalità sono state uccise da un kamikaze che si è fatto esplodere durante una partita di Volley, mentre nel “bollettino Ebola” arriva il primo italiano, un medico di Emergency che è risultato positivo al virus in Sierra Leone ed è giunto nella notte in Italia, ricoverato all’Istituto Spallanzani […]

bandolo matassaIn Afganistan 50 persone alla ricerca di normalità sono state uccise da un kamikaze che si è fatto esplodere durante una partita di Volley, mentre nel “bollettino Ebola” arriva il primo italiano, un medico di Emergency che è risultato positivo al virus in Sierra Leone ed è giunto nella notte in Italia, ricoverato all’Istituto Spallanzani di Roma.

Alle nostre Regionali trionfa l’astensione che si diffonde come una epidemia, come il virus che non si ferma in Africa o il proselitismo islamico di tipo integralista che si allarga nel mondo.

Se a prevalere in Emilia Romagna e in Calabria è stato il centrosinistra, a trionfare è la diserzione, così elevata che anche l’ottimista Renzi non se la sente di “minimizzare”, mentre minimizza sul rinvio di giudizio della Commissione Europea sui conti italiani, con invito rivolta a Roma ad andare avanti “nelle riforme necessarie”, senza far partire alcuna procedura e riconoscendo che nel 2014 ci sono state “circostanze eccezionali”, ma avvertendo che siamo marcati stretti e che a marzo ci sarà un nuovo esame per noi, così come per Francia e Belgio.

Renzi gira tutto in rosa e dice che abbiamo frenato la caduta finalmente, mentre ora comincia la crescita, glissando sul fatto che il 25% del debito pubblico di 23 paesi che formano l’Ue, è tutto italiano e non accenna a dimnuire; anzi.

Chi ci verrà in aiuto, dicono quelli che ancora sperano, è l’accordo fra Renzi e Juncker raggiunto al G20 in Australia, intesa di cui faceva parte la lettera di impegni sulle riforme del governo italiano inviata nei giorni scorsi e pubblicata l’altroieri dal Tesoro.

Ma ci sono anche molti pessimisti che sostengono non senza ragioni che non è scontato il giudizio di Venerdì e, ancora, che non soppiamo quanti aiuti dall’Europa saranno effettivamente dati ad un’Italia che si mostra ancora con le mani bucate ed incapace di vere riforme strutturali.

L’Italia annaspa sul lavoro e sulle altre riforme, mentre la sua politica è tutta protesa a garantir si un futuro con la riforma elettorale.

Non funziona nulla da noi, non la società con solidarietà e sostegno che scemano, rabbia che porta i derelitti a lottare fra loro, classe sempre crescenti di nuovi poveri e file sempre maggiori di disoccupati.

Dovunque si volga lo sguardo si vedono scenari laceri e pietosi, con quartieri di periferia in cui gli abitanti inseguono e picchiano extracomunitari più disperati di loro e la quarta conferenza euro-africana prevista a Roma il 27 novembre, che rischia di diventare l’occasione per nuovi atti di vandalismo ed insofferenza.

Non funziona nulla, neanche ciò che un tempo era una eccellenza, come la televisione, in cui domina ormai incostrastato il modello Mediaset, con reality osceni e giornalismo trash presente ovunque.

Hanno un bel protestare i giornalisti contro fenomeni come Barbara D’Urso, con l’Ordine Nazionale dei Giornalisti che si scaglia contro la conduttrice televisiva lanciando sul web una protesta sull’utilizzo della sofferenza per fare audience.

L’Ordine dei Giornalisti, nella persona del suo Presidente, ha contestato aspramente la conduttrice televisiva che usa la cronaca più becera per spettacolarizzare le sue trasmissioni, come nel caso di Elena Ceste, la donna scomparsa e poi trovata morta in provincia di Asti.

Ma quello della D’Urso non è un caso isolato, perché comportamenti analoghi si registrano su tutte le reti, comprese quelle Rai, comportamenti che generano solo icone di fango, emblematicamente rappresentate dal regista Stephen Daldry in “Trash”, fiaba il cui è solo l’amicizia il bandolo di una matassa intricata, fatta di cinismo condito da cattivissimo gusto, che ormai ci pervade tutti, con, per protagonista, la splendida Lisbeth Salander di Millennium, che qui prova ad insegnarci come vivere ed aiutare, invece di servirsi di casi umani e sociali di abbandono e degrado per fare spettacolo e carriera.

Da vedere al cinema dal 27 prossimo, il film è soprattutto per alcuni giornalisti e molte conduttrici, perché imparino a rispettare le donne, le tragedie e le notizie.

Qualche spiraglio di luce ci viene da Cinecittà, che pare risorgere nel momento più cupo e difficile della sua storia, con set di prossimo allestimento per produziobni internazionali e milionarie: da 007 a Diabolik.

Ma è poco, ancora poco, per ridestare la speranza, in una Nazione che non è più capace di slanci e sorrisi, dove si uccidono 179 donne in un anno e si abbandonano i neonati nei cassonetti.

Consola sapere che un grande come Dario Fo, 84 anni, 70 commedie, un Nobel, libri, film, varietà, lezioni in tv e migliaia di dipinti e disegni, si sia sentito necessitato alla pubblicazione, pochi mesi fa su l’Espresso, di una lunga intervista sull’osceno e l’oscenità, ricordando che mai Bonvesin de la Riva o Bescapè fecero uso triviale di parole, ma che queste sorgono ovunque, aizzando atroci comportamenti, dove la Chiesa arrivi a segnare il linguaggio corrente con la sua misoginia, il vorticoso disprezzo della donna, il violento pregiudizio sul sesso, il corpo, la passione amorosa.

A settembre è uscito per Guanta “L’osceno è sacro” dello stesso autore, ricognizione illustrata della parolaccia, con duecento tavole, molte sue, ma anche di altri autori, fra cui Leonardo, per dimostrare quanto distanza ci sia fra l’osceno di allora e quello terribile di oggi.

E come mi capita molto spesso di riflettere da qualche tempo a questa parte, mentre inseguo un bandolo che non trovo ed una serenità che vacilla, penso ai padri e al fatto che finita la guerra ci s’ingegnava a sviluppare arte, morale e coscienza civile; mentre oggi purtroppo non più, ma ci si ingegna a svilppare porcherie e becere rappresentazioni della realtà, oltre che inciuci che mettono i brividi, mentre dalla tv, che è divenrtata la nostra coscienza, si cancellano i programmi sul teatro con Giorgio Albertazzi e quelli sui grandi della pittura, scultura, architettura o, al massimo sono relegati oltre l’una di notte.

E poiché osceno, nel suo etiomo, indica qualcosa che va relegata fuori dalla vista e dalla scena, mi viene in mente che è la cultura con suo corredo di sensibilità, la cosa che oggi va bandita e tenuta fuori dalla vista.

Sicché fa bene Michele Modaferri, giovane pittore catanese, che rappresenta il bandolo della matassa come metafora di un mondo senza storia né geografia, senza riferimenti morali e senza gioia, volto solo alla violenza, al delitto e alla sopraffazione.

Carlo Di Stanislao

2 risposte a “Il bandolo della matassa”

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